Le strutture
educative sono sempre più competenti nell'accoglienza e
nell'integrazione di bambini diversamente abili, resi tali da
malattie di ordine fisico, sensoriale, mentale, sociale o
psicologico; ma oggigiorno, sempre più spesso, si trovano impegnate
a far fronte al fenomeno del disagio infantile.
Le differenze tra la
situazione di malattia e quella di disagio appaiono molto nette.
Mentre l'una è di chiara origine clinica e riguarda la specificità
della malattia, l'altro colpisce soprattutto l'aspetto psicologico ed
emotivo e riguarda la sofferenza indotta da cause diverse: fisiche,
psicologiche o sociali.
“Le forme di
disagio nella prima infanzia si presentano in modo subdolo […]
Si tratta di bambini che
si presentano sani sotto l'aspetto medico, con livello intellettivo
frequentemente nella norma, ma con dei vistosi e inquietanti sintomi
a livello comportamentale e relazionale che risultano spesso di
difficili comprensione […]
proprio a livello personale e relazionale, oltre che essere
compromettenti per le normali attività didattiche del gruppo di
bambini.”1
Il disagio si
presenta dannoso non solo per il bambino che ne soffre, ma anche per
coloro che lo circondano: coetanei, genitori ed educatori. In
effetti, la principale caratteristica del disagio di un bambino,
sopratutto in età molto tenera, consiste nel creare una situazione
di sofferenza nell'adulto che lo riceve.
Un bambino
aggressivo, taciturno o che rifiuta le consegne didattiche, crea una
situazione di rigetto e di insofferenza in chi lo riceve
professionalmente; difatti un educatore, difronte ad un bambino che
sta male, sta male a sua volta; ciò rappresenta il frutto di una
reazione normale e comprensibile. Ma ciò che rende diverso un comune
adulto da un educatore, sta proprio nella capacità di superare
questo sentimento di malessere e attivare un piano strategico, per
aiutare il bambino a superare il proprio disagio interno.
L'asilo nido è
professionalmente pronto a saper ricevere il disagio infantile, ad
occuparsi di bambini e famiglie in difficoltà, individuandone spesso
le cause e riuscendo, con il tempo, ad attenuare i loro problemi.
Tale insieme di
capacità costituisce la Pedagogia dell'accoglienza,
la quale non è da intendere nel significato negativo del subire
l'arrivo inaspettato di un piccolo in difficoltà, ma come un insieme
di competenze educative, professionali e personali, che hanno come
obiettivo il “prendersi cura” del bambino e del suo disagio a
trecentosessanta gradi.
“[...]Pedagogia
dell'accoglienza vuol dire lavorare in primo luogo sul disagio
educativo, vuol dire far diventare competenti gli adulti e le
istituzioni educative a saper ricevere i problemi dei bambini senza
sentirsi a disagio di fronte a essi. Ciò, a lungo termine, ha
un'incidenza positiva sullo stesso disagio infantile.”2
1Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 19-20
2Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 37
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