giovedì

I SEGNI DI DISAGIO PIù COMUNI AL NIDO D'INFANZIA

Il disagio infantile può presentarsi in diverse situazioni e in diversi momenti della vita del nido; difatti esso può realizzarsi nel momento dell'entrata o dell'uscita dalla scuola oppure nel momento delle attività, o della routine quotidiana, come addirittura nel gioco libero. Per questo motivo i segni di disagio sono stati suddivisi in base alla situazione in cui si generano.
I primi che si andranno ad analizzare, avvengono durante i cosiddetti momenti istituzionali, legati in particolare al momento di entrata ed uscita del bambino dalla struttura educativa. Tali situazioni determinano difficoltà da parte dei bambini e dei genitori nella separazione, soprattutto se il processo d' attaccamento tra genitore e figlio è molto forte. Ciò può generare nel bambino modalità particolari per esprimere, nascondere o negare la propria sofferenza, che deve essere individuata con rapidità.
Difficoltà di separazione dai familiari e di entrata all'asilo nido
L'inserimento è sempre un momento difficile per il bambino e per la sua famiglia, esso rappresenta il primo distacco ufficiale dal proprio nido familiare per poter partecipare alla vita sociale che lo circonda, composta da altri adulti e coetanei.
È naturale, che nel primo periodo di inserimento i bambini provino dispiacere e tristezza nel separarsi dai propri genitori, ma esso si identifica come un reale disagio nel momento in cui il bambino dopo un tempo molto prolungato dalla separazione continui a piangere e a rimanere fra le braccia dell'educatore opponendosi completamente allo svolgimento delle attività proposte; nel caso infatti l'educatore non riesca a consolarlo e le sue proposte di gioco non vengano minimamente accettate allora si parla di reale disagio da distacco parentale.
Per poter superare questo momento difficile l'educatore deve armarsi di calma, pazienza, costanza, e soprattutto di tempo, grazie a quest'ultimo egli potrà aiutare il bambino a conoscere il nido e coloro che lo vivono, favorendo sempre più un graduale inserimento senza traumi.
Molte volte la difficoltà sta nel convincere i genitori a separarsi dai propri figli e non il contrario, questo avviene spesso con genitori alla prima esperienza al nido, che quindi non sono preparati a questo momento difficile del distacco; è utile perciò favorire dei momenti di incontro e parola per aiutare e sostenere le famiglie a favorire una naturale separazione senza traumi da entrambe le parti.

Attraversamento iperattivo o blocco motorio
Sempre durante il momento d'entrata al nido, possono verificarsi altre tipologie di disagio come ad esempio l'attraversamento iperattivo o il blocco motorio.
Nel primo, il bambino si precipita dentro lo spazio del nido schizzando in giro con il rischio di farsi male o di fare male a qualcuno; questo comportamento che apparentemente potrebbe essere frainteso come desiderio di iniziare la giornata al nido o di incontrare i compagni, in realtà rappresenta un forte disagio legato alla elaborazione psichica della separazione.
Sembrerebbe che il movimento, lo spazio e il corpo nel loro iperinvestimento abbiano lo scopo di negare la sofferenza più che di attualizzarla e incarnarla.”4
Si tratta di un meccanismo di difesa molto comune anche nel mondo adulto, è il classico darsi da fare per mascherare l'incapacità di stare all'interno di un certo contesto o per nascondere una difficoltà.
Compito del professionista educativo è quello di riceverlo all'interno di una struttura accogliente che aiuterà il bambino a sentirsi a proprio agio.
Il blocco motorio, invece, rappresenta la reazione opposta all'iperattività; in questo caso il bambino reagisce alla separazione dai caregivers familiari attraverso un blocco fisico per non sentire alcun dolore.
Il bambino o la bambina resta immobile, bloccato/a nel corpo o nell'espressione, finché qualcuno non si occupa di lui/lei.
Anche in questo caso è l'adulto che deve intervenire con decisione e prontezza.
Rifiuto del cibo
Per quanto riguarda il rifiuto del cibo non si tratta di inappetenza o difficoltà nel mangiare autonomamente, in questo caso s'intende un rifiuto evidente, totale e sofferto dell'atto del mangiare in sé.
In primo luogo l'educatore non deve agitarsi di fronte al rifiuto del bambino, come spesso fanno le madri, perché il rifiuto non riguarda lui a livello personale, ma il ruolo professionale che incarna.
Utilizzando le sue difese istituzionali il nido dovrà fare da schermo all'invasione di tali ansie, in modo che il piccolo possa, attraverso la presenza dell'insegnante, sperimentare delle modalità relazionali diverse durante il pasto.”5
Difficoltà nell'utilizzo del bagno
Con questa difficoltà non si vuole intendere l'eventuale ritardo riguardo all'autonomia del controllo sfinterico, ma piuttosto ai momenti di sofferenza, angoscia o paura che alcuni bambini possono manifestare soprattutto al momento della defecazione.
Le ragioni di tale crisi d'angoscia possono essere di diversa origine; possono essere la conseguenza di dolore provocato da momenti di stitichezza, i quali poi sono aggravati dalla paura, con a volte la complicazione relazionale quando la madre è costretta a manovre invasive (supposte, clisteri).
Sono momenti importanti che vanno rispettati e osservati con attenzione, poiché rappresentano le basi strutturali dell'autonomia del bambino. L'educatore può intervenire attraverso il gioco, strumento utile per allontanare il disagio fisiologico.
Ricongiungimento molto difficoltoso
Nel momento di conclusione della giornata al nido, vi è il ricongiungimento tra il bambino e il suo caregiver, ma spesso tale ritrovo non avviene nel migliore dei modi. Infatti il bambino non si precipita subito tra le braccia del genitore, anzi manifesta una sorta di fastidio o indifferenza.
Ciò avviene perché il piccolo ha difficoltà nel riconoscere contemporaneamente due figure di attaccamento (quella della madre e del padre a casa e quella dell'educatore al nido); difatti dopo parecchio tempo trascorso al nido, il bambino automatizza la figura dell'educatore come punto di riferimento, per questo motivo nel momento del ricongiungimento parentale, egli ha difficoltà nel riconoscere subito e nuovamente la figura della madre o del padre come primaria.
L'educatore deve innanzitutto rassicurare i genitori, che molte volte sono sconfortati da questo atteggiamento, e riconsegnare nelle loro mani il figlio, che gradualmente li riconoscerà come figure primarie e affettive.
Altre tipologie di disagio si manifestano durante la didattica, ovvero nel momento delle attività proposte dagli educatori.
Rifiuto della consegna
La negazione del bambino rispetto ad una consegna proposta dall'educatore, riguarda il rifiuto del bambino nei confronti della relazione con l'adulto; equivale ad un “no” al legame che si realizza attraverso la consegna didattica.
Questo rifiuto, a volte, viene utilizzato dai più piccoli anche come strategia contraria: restare con l'adulto e non allontanarsi da esso. In questo ultimo caso, è vivo nel bambino il timore di allontanarsi dal suo caregiver per eseguire l'attività, e quindi rischiare di perdere il suo punto di riferimento.
A volte questi comportamenti sono momentanei e transitori, il consiglio in questo caso è di far vivere al bambino l'uscita dal contatto corporeo dell'adulto attraverso il movimento senso-corporeo, per avvicinarsi all'esecuzione della consegna o dell'attività con serenità.
Difficoltà di tipo motorio e linguistico
La maturazione della funzione motoria e linguistica sono due delle aree maggiormente osservate e valutate dagli educatori del nido, poiché corrispondono a due delle principali funzioni dello sviluppo infantile.
Nel momento in cui gli educatori intravedono una forte impossibilità di movimento nei confronti del bambino o competenze linguistiche molto deficitarie, è necessario suggerire ai familiari un controllo specialistico per chiarirne le cause.
Il movimento oltre ad essere funzionale allo spostamento, viene utilizzato molto, in particolare dai più piccoli, come uno strumento di relazione; attraverso i movimenti corporei il bambino comunica con gli altri , è utile per questo motivo svolgere con i più piccoli giochi e attività di espressione corporea.
In seguito si sviluppano le abilità linguistiche, anch'esse devono essere sostenute attraverso attività mirate per favorire un graduale e armonico sviluppo.
Gli ultimi disagi che affronteremo riguardano i momenti cosiddetti “liberi”, nei quali la presenza dell'educatrice è più distante e la natura dell'autonomia del bambino è più viva.
Il livello e la qualità del gioco libero riveleranno allora quanto il bambino sarà autonomo o quanto invece sarà “perso” perché ora non è più contenuto dalla presenza organizzante dell'adulto”6
Il bambino che si “perde” all'interno del suo stesso gioco è un bambino che inevitabilmente possiede un disagio. I più comuni sono: il gioco disorganizzato e l'inibizione.
Gioco disorganizzato
Riguarda tutte le difficoltà che derivano dalla perdita di senso del gioco iniziato. La perdita di senso, a questa età, può dipendere da tanti fattori, sia di tipo emotivo (eccesso di emozioni) sia di tipo evolutivo (garantire al gioco un senso logico).
La strategia più utilizzata in questo caso è quella d'aiuto, che implica una maggiore vicinanza dell'adulto al gioco del bambino, con l'obiettivo di far ritrovare ad esso la capacità di giocare liberamente senza intoppi.

Inibizioni
L'inibizione consiste in un blocco che impedisce al bambino di giocare o svolgere qualsiasi altro tipo di attività; tale inibizione può essere determinata da cause diverse, che vanno ad intaccare l'interdizione di diverse forme espressive come la parola o il movimento.
Spesso l'adulto utilizza la strategia del “tifoso” che incoraggia, ma nei casi di reale disagio, tale comportamento può essere addirittura controproducente (il bambino si sentirà al centro della situazione e avrà un blocco ancor più evidente).
La strategia d'aiuto, ancora una volta, deve concentrarsi sulla capacità dell'adulto di prestare e offrire al bambino ciò di cui ha bisogno, mediante l'offerta di atti psichici positivi.
Per atti psichici positivi si intendono tutti quegli atti pratici (emozioni, azioni, parole, movimenti, oggetti, organizzazioni spazio-temporali ecc.) che hanno il potere di rimettere in moto i meccanismi del gioco che risultano bloccati.”7


4Nicolodi G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola dell'infanzia,Bologna, Franco Angeli, 2012, p. 75
5Nicolodi G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola dell'infanzia,Bologna, Franco Angeli, 2012, p. 81
6Nicolodi G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola dell'infanzia,Bologna, Franco Angeli, 2012, p. 167
7Nicolodi G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola dell'infanzia,Bologna, Franco Angeli, 2012, p. 128

Nessun commento:

Posta un commento