Il disagio infantile
può presentarsi in diverse situazioni e in diversi momenti della
vita del nido; difatti esso può realizzarsi nel momento dell'entrata
o dell'uscita dalla scuola oppure nel momento delle attività, o
della routine quotidiana, come addirittura nel gioco libero. Per
questo motivo i segni di disagio sono stati suddivisi in base alla
situazione in cui si generano.
I primi che si
andranno ad analizzare, avvengono durante i cosiddetti momenti
istituzionali, legati in particolare al momento di entrata ed uscita
del bambino dalla struttura educativa. Tali situazioni determinano
difficoltà da parte dei bambini e dei genitori nella separazione,
soprattutto se il processo d' attaccamento tra genitore e figlio è
molto forte. Ciò può generare nel bambino modalità particolari per
esprimere, nascondere o negare la propria sofferenza, che deve
essere individuata con rapidità.
Difficoltà di
separazione dai familiari e di entrata all'asilo nido
L'inserimento è
sempre un momento difficile per il bambino e per la sua famiglia,
esso rappresenta il primo distacco ufficiale dal proprio nido
familiare per poter partecipare alla vita sociale che lo circonda,
composta da altri adulti e coetanei.
È
naturale, che nel primo periodo di inserimento i bambini provino
dispiacere e tristezza nel separarsi dai propri genitori, ma esso si
identifica come un reale disagio nel momento in cui il bambino dopo
un tempo molto prolungato dalla separazione continui a piangere e a
rimanere fra le braccia dell'educatore opponendosi completamente allo
svolgimento delle attività proposte; nel caso infatti l'educatore
non riesca a consolarlo e le sue proposte di gioco non vengano
minimamente accettate allora si parla di reale disagio da distacco
parentale.
Per poter superare
questo momento difficile l'educatore deve armarsi di calma, pazienza,
costanza, e soprattutto di tempo, grazie a quest'ultimo egli potrà
aiutare il bambino a conoscere il nido e coloro che lo vivono,
favorendo sempre più un graduale inserimento senza traumi.
Molte volte la
difficoltà sta nel convincere i genitori a separarsi dai propri
figli e non il contrario, questo avviene spesso con genitori alla
prima esperienza al nido, che quindi non sono preparati a questo
momento difficile del distacco; è utile perciò favorire dei momenti
di incontro e parola per aiutare e sostenere le famiglie a favorire
una naturale separazione senza traumi da entrambe le parti.
Attraversamento
iperattivo o blocco motorio
Sempre durante il
momento d'entrata al nido, possono verificarsi altre tipologie di
disagio come ad esempio l'attraversamento iperattivo o il blocco
motorio.
Nel primo, il
bambino si precipita dentro lo spazio del nido schizzando in giro con
il rischio di farsi male o di fare male a qualcuno; questo
comportamento che apparentemente potrebbe essere frainteso come
desiderio di iniziare la giornata al nido o di incontrare i compagni,
in realtà rappresenta un forte disagio legato alla elaborazione
psichica della separazione.
“Sembrerebbe
che il movimento, lo spazio e il corpo nel loro iperinvestimento
abbiano lo scopo di negare la sofferenza più che di attualizzarla e
incarnarla.”4
Si tratta di un
meccanismo di difesa molto comune anche nel mondo adulto, è il
classico darsi da fare per mascherare l'incapacità di stare
all'interno di un certo contesto o per nascondere una difficoltà.
Compito del
professionista educativo è quello di riceverlo all'interno di una
struttura accogliente che aiuterà il bambino a sentirsi a proprio
agio.
Il blocco motorio,
invece, rappresenta la reazione opposta all'iperattività; in questo
caso il bambino reagisce alla separazione dai caregivers familiari
attraverso un blocco fisico per non sentire alcun dolore.
Il bambino o la
bambina resta immobile, bloccato/a nel corpo o nell'espressione,
finché qualcuno non si occupa di lui/lei.
Anche in questo caso
è l'adulto che deve intervenire con decisione e prontezza.
Rifiuto del cibo
Per quanto riguarda
il rifiuto del cibo non si tratta di inappetenza o difficoltà nel
mangiare autonomamente, in questo caso s'intende un rifiuto evidente,
totale e sofferto dell'atto del mangiare in sé.
In primo luogo
l'educatore non deve agitarsi di fronte al rifiuto del bambino, come
spesso fanno le madri, perché il rifiuto non riguarda lui a livello
personale, ma il ruolo professionale che incarna.
“Utilizzando
le sue difese istituzionali il nido dovrà fare da schermo
all'invasione di tali ansie, in modo che il piccolo possa, attraverso
la presenza dell'insegnante, sperimentare delle modalità relazionali
diverse durante il pasto.”5
Difficoltà
nell'utilizzo del bagno
Con questa
difficoltà non si vuole intendere l'eventuale ritardo riguardo
all'autonomia del controllo sfinterico, ma piuttosto ai momenti di
sofferenza, angoscia o paura che alcuni bambini possono manifestare
soprattutto al momento della defecazione.
Le ragioni di tale
crisi d'angoscia possono essere di diversa origine; possono essere la
conseguenza di dolore provocato da momenti di stitichezza, i quali
poi sono aggravati dalla paura, con a volte la complicazione
relazionale quando la madre è costretta a manovre invasive
(supposte, clisteri).
Sono momenti
importanti che vanno rispettati e osservati con attenzione, poiché
rappresentano le basi strutturali dell'autonomia del bambino.
L'educatore può intervenire attraverso il gioco, strumento utile per
allontanare il disagio fisiologico.
Ricongiungimento
molto difficoltoso
Nel momento di
conclusione della giornata al nido, vi è il ricongiungimento tra il
bambino e il suo caregiver, ma spesso tale ritrovo non avviene nel
migliore dei modi. Infatti il bambino non si precipita subito tra le
braccia del genitore, anzi manifesta una sorta di fastidio o
indifferenza.
Ciò avviene perché
il piccolo ha difficoltà nel riconoscere contemporaneamente due
figure di attaccamento (quella della madre e del padre a casa e
quella dell'educatore al nido); difatti dopo parecchio tempo
trascorso al nido, il bambino automatizza la figura dell'educatore
come punto di riferimento, per questo motivo nel momento del
ricongiungimento parentale, egli ha difficoltà nel riconoscere
subito e nuovamente la figura della madre o del padre come primaria.
L'educatore deve
innanzitutto rassicurare i genitori, che molte volte sono sconfortati
da questo atteggiamento, e riconsegnare nelle loro mani il figlio,
che gradualmente li riconoscerà come figure primarie e affettive.
Altre tipologie di
disagio si manifestano durante la didattica, ovvero nel momento delle
attività proposte dagli educatori.
Rifiuto della
consegna
La negazione del
bambino rispetto ad una consegna proposta dall'educatore, riguarda il
rifiuto del bambino nei confronti della relazione con l'adulto;
equivale ad un “no” al legame che si realizza attraverso la
consegna didattica.
Questo rifiuto, a
volte, viene utilizzato dai più piccoli anche come strategia
contraria: restare con l'adulto e non allontanarsi da esso. In questo
ultimo caso, è vivo nel bambino il timore di allontanarsi dal suo
caregiver per eseguire l'attività, e quindi rischiare di perdere il
suo punto di riferimento.
A volte questi
comportamenti sono momentanei e transitori, il consiglio in questo
caso è di far vivere al bambino l'uscita dal contatto corporeo
dell'adulto attraverso il movimento senso-corporeo, per avvicinarsi
all'esecuzione della consegna o dell'attività con serenità.
Difficoltà di tipo
motorio e linguistico
La maturazione della
funzione motoria e linguistica sono due delle aree maggiormente
osservate e valutate dagli educatori del nido, poiché corrispondono
a due delle principali funzioni dello sviluppo infantile.
Nel momento in cui
gli educatori intravedono una forte impossibilità di movimento nei
confronti del bambino o competenze linguistiche molto deficitarie, è
necessario suggerire ai familiari un controllo specialistico per
chiarirne le cause.
Il movimento oltre
ad essere funzionale allo spostamento, viene utilizzato molto, in
particolare dai più piccoli, come uno strumento di relazione;
attraverso i movimenti corporei il bambino comunica con gli altri , è
utile per questo motivo svolgere con i più piccoli giochi e attività
di espressione corporea.
In seguito si
sviluppano le abilità linguistiche, anch'esse devono essere
sostenute attraverso attività mirate per favorire un graduale e
armonico sviluppo.
Gli ultimi disagi
che affronteremo riguardano i momenti cosiddetti “liberi”, nei
quali la presenza dell'educatrice è più distante e la natura
dell'autonomia del bambino è più viva.
“Il livello e
la qualità del gioco libero riveleranno allora quanto il bambino
sarà autonomo o quanto invece sarà “perso” perché ora non è
più contenuto dalla presenza organizzante dell'adulto”6
Il bambino che si
“perde” all'interno del suo stesso gioco è un bambino che
inevitabilmente possiede un disagio. I più comuni sono: il gioco
disorganizzato e l'inibizione.
Gioco
disorganizzato
Riguarda tutte le
difficoltà che derivano dalla perdita di senso del gioco iniziato.
La perdita di senso, a questa età, può dipendere da tanti fattori,
sia di tipo emotivo (eccesso di emozioni) sia di tipo evolutivo
(garantire al gioco un senso logico).
La strategia più
utilizzata in questo caso è quella d'aiuto, che implica una maggiore
vicinanza dell'adulto al gioco del bambino, con l'obiettivo di far
ritrovare ad esso la capacità di giocare liberamente senza intoppi.
Inibizioni
L'inibizione
consiste in un blocco che impedisce al bambino di giocare o svolgere
qualsiasi altro tipo di attività; tale inibizione può essere
determinata da cause diverse, che vanno ad intaccare l'interdizione
di diverse forme espressive come la parola o il movimento.
Spesso l'adulto
utilizza la strategia del “tifoso” che incoraggia, ma nei casi di
reale disagio, tale comportamento può essere addirittura
controproducente (il bambino si sentirà al centro della situazione e
avrà un blocco ancor più evidente).
La strategia
d'aiuto, ancora una volta, deve concentrarsi sulla capacità
dell'adulto di prestare e offrire al bambino ciò di cui ha bisogno,
mediante l'offerta di atti psichici positivi.
“Per atti
psichici positivi si intendono tutti quegli atti pratici (emozioni,
azioni, parole, movimenti, oggetti, organizzazioni spazio-temporali
ecc.) che hanno il potere di rimettere in moto i meccanismi del gioco
che risultano bloccati.”7
4Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 75
5Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 81
6Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 167
7Nicolodi
G., Angeli F., Il disagio educativo al nido e alla scuola
dell'infanzia,Bologna, Franco
Angeli, 2012, p. 128
Nessun commento:
Posta un commento